Il sito del Ministero della Salute dà linee guida molto chiare sulla possibilità di partorire in anonimato, che riportiamo di seguito in sintesi (fonte: http://www.salute.gov.it/portale/donna/dettaglioContenutiDonna.jsp?lingua=italiano&id=1011&area=Salute+donna&menu=nascita)
La nascita di un bambino è un evento straordinario nella vita di una donna, che incide profondamente nella sua vita concreta, emotiva e relazionale.
Non tutte le donne riescono ad accogliere la loro maternità per una complessità di motivazioni che occorre ascoltare, comprendere e riconoscere. In ospedale, al momento del parto, serve garantire la massima riservatezza, senza giudizi colpevolizzanti ma con interventi adeguati ed efficaci, per assicurare – anche dopo la dimissione – che il parto resti in anonimato.
La donna che non riconosce e il neonato sono i due soggetti che la legge deve tutelare, intesi come persone distinte, ognuno con specifici diritti. La legge consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’Ospedale dove è nato (DPR 396/2000, art. 30, comma 2), affinché sia assicurata l’assistenza e anche la sua tutela giuridica. IL NOME DELLA MADRE RIMANE PER SEMPRE SEGRETO E NELL’ATTO DI NASCITA DEL BAMBINO VIENE SCRITTO “NATO DA DONNA CHE NON CONSENTE DI ESSERE NOMINATA”.
L’ospedale presso il quale avviene la nascita deve assicurare alla madre e al neonato la piena attuazione dei diritti sopra evidenziati, tramite i suoi operatori sanitari, socio-assistenziali e amministrativi, nella specificità delle loro professioni e competenze e nella interazione con le altre istituzioni demandate a tale tutela.
Il nostro ordinamento giuridico garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile e la tutela della maternità. Chi nasce è riconosciuto dalla nostra legge come “persona”, cui è attribuita la capacità giuridica, cioè la titolarità di diritti anzitutto – come ad ogni essere umano – i diritti inviolabili della persona, il diritto all’identificazione, al nome, alla cittadinanza, alla certezza di uno status di filiazione, alla educazione e alla crescita in famiglia. AL NEONATO NON RICONOSCIUTO DEVONO ESSERE ASSICURATI SPECIFICI INTERVENTI, SECONDO PRECISI OBBLIGHI NORMATIVI, PER GARANTIRGLI LA DOVUTA PROTEZIONE, NELL’ATTUAZIONE DEI SUOI DIRITTI FONDAMENTALI. LA DICHIARAZIONE DI NASCITA RESA ENTRO I TERMINI MASSIMI DI 10 GIORNI DALLA NASCITA, PERMETTE LA FORMAZIONE DELL’ATTO DI NASCITA, E QUINDI L’IDENTITÀ ANAGRAFICA, L’ACQUISIZIONE DEL NOME E LA CITTADINANZA. Se la madre vuole restare nell’anonimato la dichiarazione di nascita è fatta dal medico o dall’ostetrica – “La dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l’eventuale volontà della madre di non essere nominata” (DPR 396/2000, art. 30, comma 1).
L’IMMEDIATA SEGNALAZIONE ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA, PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINORENNI, DELLA SITUAZIONE DI ABBANDONO DEL NEONATO NON RICONOSCIUTO PERMETTE
L’APERTURA DI UN PROCEDIMENTO DI ADOTTABILITÀ e la sollecita individuazione di un’idonea coppia adottante. Il neonato vede così garantito il diritto a crescere ed essere educato in famiglia e assume lo status di figlio legittimo dei genitori che lo hanno adottato. NELLA SEGNALAZIONE E IN OGNI SUCCESSIVA COMUNICAZIONE ALL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA DEVONO ESSERE OMESSI ELEMENTI IDENTIFICATIVI DELLA MADRE.
LA MADRE CHE HA PARTICOLARI E GRAVI MOTIVI CHE LE IMPEDISCONO DI FORMALIZZARE IL RICONOSCIMENTO PUÒ CHIEDERE AL TRIBUNALE PER I MINORENNI UN PERIODO DI TEMPO PER PROVVEDERE AL RICONOSCIMENTO. In questi casi la sospensione della procedura di adottabilità può essere concessa per un periodo MASSIMO DI DUE MESI, NEI QUALI LA MADRE DEVE MANTENERE CON CONTINUITÀ IL RAPPORTO CON IL BAMBINO. Il riconoscimento può essere fatto dal genitore che abbia compiuto 16 anni. Nel caso di madre non ancora sedicenne, impossibilitata quindi al riconoscimento, ma che voglia occuparsi del figlio, la procedura di adottabilità è sospesa anche d’ufficio sino al compimento del 16° anno, purché il bambino, adeguatamente accudito, abbia un rapporto continuativo con la madre.
L’art. 28 della Legge 2001 n. 149, aderendo a un obbligo derivante dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989 (art. 7) e della Convenzione de L’Aja sull’adozione internazionale del 1993 (art. 30), ha introdotto anche in Italia il diritto dell’adottato di accedere, a certe condizioni e con certe procedure, alle informazioni concernenti l’identità dei suoi genitori biologici. TUTTAVIA, L’ACCESSO A QUELLE INFORMAZIONI NON È CONSENTITO SE L’ADOTTATO NON È STATO RICONOSCIUTO ALLA NASCITA DALLA MADRE NATURALE. (Legge n. 149/2001, art. 24, comma 7 – “L’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo“). Pertanto, IL DIRITTO A RIMANERE UNA MAMMA SEGRETA PREVALE SU OGNI ALTRA CONSIDERAZIONE o richiesta e ciò deve costituire un ulteriore elemento di sicurezza per quante dovessero decidere, aiutate da un servizio competente ed attento, a partorire nell’anonimato.
Chi, per motivi contingenti, non potesse partorire presso una struttura ospedaliera, può ricorrere alle CULLE PER LA VITA, 55 su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una versione moderna e tecnologicamente avanzata della medievale Ruota degli Esposti, concepita per permettere di lasciare totalmente protetti i neonati da parte della mamma in difficoltà, nel pieno rispetto della sicurezza del bambino e della privacy di chi lo deposita. Per identificare la culla più vicina visitare www.culleperlavita.it
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